Il cavaliere medievale
Nell’immaginario collettivo, il cavaliere medievale è un combattente solitario, che uscendo dal castello in sella al più valoroso dei cavalli e bardato nella sua armatura luccicante, parte alla ricerca del cattivo (fosse anche un drago, una banda di briganti o un esercito nemico); sul suo cammino, oltre a fare innamorare di sé una donna di cui non si era mai vista una “simile beltà”, vivrà in completa autonomia, riuscendo a scendere e salire da cavallo e svestirsi e vestirsi da solo.
Per quel che riguarda l’abbigliamento, in realtà, le cose non erano poi tanto semplici; andavano un po’ più nel senso di quanto descritto da Cervantes nella sua opera: don Quijote era accompagnato da un fedele scudiero, Sancho Panza, senza il quale mai sarebbe riuscito ad infilarsi la pesante armatura, né a montare il suo fiero Ronzinante per andare a fronteggiare i temibili mulini a vento.
E per quel che concerne l’attrezzattura da combattimento, le classiche armature medievali non erano l’unica possibilità.
Il superamento dell’armatura in cuoio bollito
Va detto innanzitutto che ad ogni invenzione o miglioria delle armi, ha sempre fatto seguito un adattamento dei sistemi di difesa.
Nelle battaglie combattute durante il primo Medioevo, quindi, le armature a piastra non venivano ancora utilizzate, in quanto era sufficiente per i soldati corazzarsi con delle tuniche in cuoio e solo successivamente in cotta di maglia.
Il cuoio bollito era molto utilizzato, non solo in guerra. Anche le borracce, tra le altre cose, erano prodotte con questo materiale; si presuppone quindi che vi fossero molti artigiani in grado di lavorare la pelle e di “vestire” dunque il cavaliere. Questo faceva sì che anche il soldato meno abbiente potesse permettersi un minimo di protezione sul campo di battaglia.
E questo, senza dover ricorrere ai servizi di un fabbro per la cotta di maglia.
Ma poi le armi divennero sempre più offensive e quindi si studiarono e utilizzarono altri materiali.
Si pensi ad esempio che l’importazione dall’Inghilterra dell’arco lungo, la cui gittata e la cui potenza erano nettamente superiori a quelle dell’arco “continentale”, resero completamente inutili le armature in cuoio bollito, fino a quel momento estremamente efficaci.
La pelle lavorata era infatti caratterizzata da un’estrema leggerezza (in termini sia di peso, sia di temperatura), dalla massima flessibilità e da una buona vestibilità. L’arco inglese però ne dimostrò l’inefficacia sul campo di battaglia, dato che la freccia riusciva a trapassare il cuoio senza troppe difficoltà: era solo una questione di mira.
I 20 mila anelli della cotta di maglia
Fu così che si misero all’opera i fabbri per cercare una soluzione al problema.
E la risposta arrivò proprio grazie alla realizzazione di una tunica, corta o lunga secondo le esigenze, realizzata con una serie di anelli, uniti gli uni agli altri in maniera molto fitta. Un cavaliere poteva arrivare ad indossare su di sé fino a 20.000 anelli.
In questo modo, chi riceveva dei colpi di spada riusciva a limitare i danni portati dai fendenti delle spade o dalle frecce scoccate da arcieri posti in lontananza. Una volta levata l’armatura, il cavaliere avrebbe riscontrato più di qualche livido, e anche piuttosto pesante; ma sicuramente avrebbe evitato delle ampie ferite aperte. Questo aspetto non è di poca importanza, se si pensa che all’epoca la medicina non conosceva i batteri e quindi i metodi di cura non riuscivano ad evitare o a ridurre le infezioni.
Vi era un inconveniente nella cotta di maglia: migliaia di anelli avevano sì il vantaggio di permettere al cavaliere i movimenti basilari, ma portavano con sé un peso notevole, che poteva superare i 15 – 20 kg.
E quel che è peggio, è che tale peso era estremamente mal distribuito: pesava soprattutto sulle spalle, andando ad affaticare inutilmente il cavaliere.
L’armatura a piastre: vantaggi e svantaggi
Nei campi di battaglia fecero poi l’ingresso altre armi, come le balestre, i cui dardi potevano penetrare gli anelli o, più semplicemente, mazze e martelli che rendevano completamente inefficace la cotta di maglia.
Di nuovo i fabbri si misero all’opera, realizzando finalmente l’armatura a piastre. Sembrerebbe eccessivamente pesante e ingombrante; ma fermarsi a questa osservazione sarebbe semplicistico.
Il peso di queste armature medievali infatti, rispetto alle precedenti, era sicuramente maggiore, ma molto ben distribuito sul corpo del cavaliere (a differenza, come già si è detto della cotta di maglia).
La sua efficacia era poi maggiore: frecce, dardi, colpi di spada e giavellotti venivano attutiti dalle piastre di metallo. E, a dispetto di quanto si possa credere, chi indossava l’armatura riusciva a muoversi abbastanza agevolmente.
Rimanevano certo alcuni inconvenienti:
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Nonostante la flessibilità degli elementi, il cavaliere doveva essere aiutato ad indossare e levare l’armatura e a salire e scendere da cavallo
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Una volta in sella, lo scudiero doveva porgere spada e scudo al suo cavaliere
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La temperatura all’interno saliva rapidamente, nonostante gli eserciti evitassero di combattere in piena estate (e in pieno inverno)
Detto questo, resta scontato come non tutti i soldati potessero permettersi di pagare il lavoro del fabbro, né tantomeno uno o più scudieri per l’assistenza necessaria.
L’armatura a piastre era quindi appannaggio dei soli nobili, mentre i cavalieri meno abbienti si dovevano accontentare del cuoio bollito o, nel migliore dei casi, della cotta di maglia.